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canto politico. 351

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Al frangersi dell’aste e de gli scudi,
A le percosse maglie:
E spesso in vece dell’odor dei fiori
Si diffuse pei campi in lontananza
De la polvere incesa
La marzïal fragranza.
D’ogni città per le cruente strade
Scintillaron le spade
In truce lotta che parea fraterna,
E invece era di due
Famiglie avverse la contesa eterna.
E tra il fragore e i colpi
Dell’atroce duello
Pareva udir per l’aure a quando a quando
Ir sibilando d’Attila il flagello,
Il flagello di Dio.
Or vinti, or vincitor giusta le tempre
Dei rinnovati nervi,
Ora signori or servi
Que’ combattenti arme mutâr con gli anni,
Mutar nomi ed affanni: ma fûr sempre
Tuttavolta gli stessi: o li chiamasse
Barbarossa, la gente, oppur Ottoni,
Li chiamasse Ferrucci,
Ovver Napoleoni;
O ne le regïoni
D’un arrogante olimpico comando
Fosser detti: Ildebrando:
O in quelle de la libera parola:
Savonarola; o in quelle
D’un cenobio ribelle
Fosser detti: Lutero,
Spartaco del pensiero.

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