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canto politico. 355

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VIII.

  E il folgore dell’ire
Lungamente raccolte
Scoppiò. — Son le rivolte
Gl’impazienti apostoli fatali
Del pensiero di Dio, che si rivela
Al pensier de’ mortali. Irrequïeta
L’umanità vïaggia
Guidata dalla sua nobile stella
Per una strada o florida o selvaggia
Di monti aperti e di profonde valli,
Tal che ora poggia, or scende,
Ora sen va con sì confuso metro,
Che par s’arretri, o che si volga indietro;
Pur sempre ascende, attratta
Ad una mèta di superba altezza
Che i cieli arcani le assegnâr, cui tende
Con indefesso spasimo d’istinto;
Nè mano di pontefici, nè mano
Di re, poveri tutti! impediranno
Quel vïaggio di Dio. —
Pendeva al fine il secolo ch’è morto;
Un plumbëo destino
Sul gentile incumbea sangue latino.
Lasso di sonni l’Italo pusillo,
L’Ibèro nell’orgoglio
De’ suoi cenci seduto
Sui gradini d’un soglio
Monacale languía.
Ma un fastidio magnanimo del vile

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