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canto politico. 363

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Le strade e i ponti, e inonda
Le piazze. Altri s’aduna
A chieder nuove: altri racconta i prodi
Fatti di ieri, e fa piangere e piange.
È un’ora glorïosa,
Quaudo il delitto è un’impossibil cosa.
Qual per incanto, la città fiorisce
Tutta quanta a bandiere tricolori;
Le fanciulle dell’Adige nei giorni
Schiavi le àn con gioconda
Speme trapunte in emula congiura,
Mentre udiano di fuori per l’oscura
Aria i villani passi
De la tedesca ronda.
Ora a le logge, a le finestre, ai merli
Ondeggian de le torri in faccia al sole.
Ma le campane ormai suonano a festa;
Le trombe squillan: entra
Ne la cittade il Re. Passa la porta,
Sorriso d’arte: e il suo corsier la testa
Gemina e gli altri avanzi
Dell’aquila pur dianzi smantellata
Carolando calpesta.
Col figlio a fianco, e i suoi gagliardi intorno
Raggianti il volto di gentil baldanza
Sotto un nembo di fiori,
Fra una pioggia d’allori
Il magnanimo avanza. Un plauso immenso
Da la folla prorompe, e via si estolle
Al Dio che vede e volle. Ei con la muta
Eloquenza del capo
Nobilmente saluta. —
Emanüele, Re d’Italia, anch’io,

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