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448 | arnalda di roca |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu{{padleft:488|3|0]]
Scende il nimico per le vinte chiuse
A la cittade.”
E impallidendo, il capo
Chinava a la cornice, e si sentía
L’anima strazïata ire in dileguo.
Oh! perchè non morir!
E giù il ferito
Tornava a domandar, “Di’ cosa vedi.”
“Vedo avanzarsi per le vie la mischia,
Vedo le soglie de le case ingombre
Di morenti e di morti; e turbinosi
Nodi di fumo ascendere dai tetti:
Vedo di faci scintillar i vani
Qua e là de le finestre. — Padre! padre!
Anco dal loco, ov’è la nostra casa,
Vedo salir la punta de le fiamme!
Povero avello di mia madre! — Tutto,
Padre, è perduto!”
E la paterna voce,
Come d’uom cui la mente egra delira,
Più fioca sempre favellava:
“Io veggo
De la patria il fantasima che incede
Tacitamente per la chiesa: l’orma
I pavimenti insanguina; si posa
A me d’accanto ad aspettar ch’io spiri....
Attendi, o Patria, anco un istante, e al cielo
Ascenderemo a chiedere vendetta