< Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
470 arnalda di roca

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu{{padleft:510|3|0]]

Troveranno un sepolcro, ove le stanche
Membra celar con la crudel vergogna!

  Libera ancora sovra un’erta cima
Una imprudente campanella osava
Ridir Ave a Maria: da lunge un’altra
Risponderle parea; quasi un’austera
Coppia d’amici, che fidente parli,
Sull’imbrunir de le pensose sere;
De le cose del cielo.
                                        Oh! chi nell’ore
De la partenza memori potea
Udir le squilla del natal paese
Senza un pio turbamento, a lui natura
Un raggio di gentile alma negava!

  Tal non era d’Arnalda, e non dell’altre
Sciagurate compagne: ed essa pure
Actea parve ascoltasse: e ne la offesa
Mente quel dì le arrise, allor che i bronzi
Sonâr la gloria di sue dolci nozze,
Qual sovvenir di noti ed amorosi
Volti, di tetti placidi, di allegre
Feste e di tombe! E chi pensava ai gaudi
De le romite sere, ai delicati
Lavori smessi, quando il sol lambía
Col raggio d’oro le trapunte tele;
Chi il secreto desío rimeditava
E i guardi, e le furtive orme, e il pudore
D’un cognito donzello, e l’infinita
Soavità d’un bacio fuggitivo.
E la madre? Oh la madre era di molte

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.