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474 arnalda di roca

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Te generava, e poi ti nascondea
Fanciulla eroica in grembo a le tue cento
Isolette infeconde e glorïose.
Flagel dei troni, da quell’Alpi stesse
Scenderà di ponente un isolano
Agitator d’eserciti e d’idee;
Cavalcherà superbo pe’ tuoi lidi
Popolosi di ville e di codardi;
E tu, stupendo fior de le paludi,
Povera, antica, con le man posate
Sul grembo inerte, al par d’un tapinello
Infievolito, che s’asside al sole,
Côrrai, fisando, il moribondo raggio,
Che manda l’astro di tue glorie a sera.
Finchè te le päure uccideranno:
E agoníe calunniate, e morte avrai
Inglorïosa, inulta, occultamente
Da qualche solitaria anima pianta!...”

  Di canti un improvviso e di feroci
Risa tumulto, una diffusa striscia
Di fiaccole pei colli littorani
Che discendendo, i serpeggianti colli
Come serpe di foco assecondava,
Rupper la visïon dei dì non nati
A la bella rapita. Intorno ad essa
Pallide, genuflesse eran le donne,
Cespo di tuberose säettato
Dal sol meridïano, intorno a palma
Giovinetta da forti aure commossa.
Fin essi i guardïani all’idïoma
Incognito e possente, all’ispirato
Occhio fulmineo, al portamento ardito

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