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30 il volta alpinista

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alessandro Volta, alpinista.djvu{{padleft:34|3|0]]Volta, la geologia positiva non s’era affermata; la maggioranza degli studiosi baloccavasi coi vacui sistemi e con le immaginarie teorie della terra; dominava sempre, incontrastabile dogma, l’ipotesi del diluvio noetico, a spiegazione d’ogni fenomeno geologico, ed i seimila anni della Bibbia erano come un dato di matematica rigorosa. Solo alcuni sprazzi di scienza vera, emanati da coscienziosi osservatori, rischiaravano ogni tanto le tenebre della geologia ufficiale: ma erano tentativi isolati, che la filosofia dominante condannava al disprezzo o, più gesuiticamente, combatteva col silenzio. Ebbene: in questo brano del Volta io trovo un’eco anticipata delle idee che in quegli anni l’Hutton stava per propalare coraggiosamente in Iscozia, ed uno squarcio profetico di quel sistema di Carlo Lyell, fondamento della moderna geologia, che solo nel 1830 veniva proclamato. Dirò anzi di più: il Volta, schivando di cadere in quel cataclisticismo, che il Cuvier elevò molti anni dopo a sistema, oltrepassava il Lyell stesso, uscendo dal rigido uniformitarismo del geologo inglese, per poggiare a quel razionale eclettismo della geologia evoluzionistica — rampollata da un’equa fusione della cataclistica colla uniformistica — che ammette colle cause lente anche qualche repentina commozione tra i fattori dei cangiamenti della crosta terrestre. Spiegò l’Hutton la circolazione delle roccie e descrisse il Lyell la denudazione delle terre emerse: nella sua Relazione il Volta tocca di questa e di quella con evidenza descrittiva e precisione tecnica, che davvero non hanno di che invidiare alle trattazioni posteriori.

Leggiamolo dunque, tutto d’un flato, lo squarcio voltiano, che preludia alle future conquiste della geologia ed alle emozioni dell’alpinismo, oggidì tanto desiderate. «In questo gran passaggio delle Alpi — ei scrive — salendo di qua la Val Ticina, altrimenti detta Valle Leventina (in tedesco Liviner Thal) sino a San Gottardo, e discendendo al di là la Valle del Reuss, fino ad Altorf, le altissime rupi scoscese e diroccate, i massi incavati e pendenti che minaccian rovina, i gran pezzi già divelti e portati al basso, onde sorgono ammassi immensi di rottami ammontati, il fracasso e l’inabissamento delle acque nelle cupe voragini della valle dirupata, valle visibilmente scavata dalle stesse acque, che in que’ dirupi si sono aperto il passaggio; gli altri torrenti minori, ma nullameno formidabili, che solcano i fianchi logori de’ monti a destra ed a sinistra della valle principale, a cui vanno a riunire le acque loro; il complesso e l’aspetto di tali cose offre ai sensi sopraffatti, ed alla meditazione profonda che

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