< Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

ATTO TERZO 275

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu{{padleft:279|3|0]]

Emone.

 O tu, se il reo
Pensier di morte in te fisso è cotanto,
Sol che il sospendi prego. I’ non ti chieggio 260
Cosa indegna di te: ma se puoi forse,
Solo indugiando, altrui giovar, serbarti
Senza tua infamia a vita, or dì; sì cruda
Contro te stessa, e contro me sarai?

Antigone.

....Emon... nol posso... A me crudel non sono. — 265
Figlia d’Edippo io son. — di te ben duolmi;
Ma pur....

Emone.

 Ben sò: non io cagion di vita
Esser ti posso; — compagno di morte
Ti son bensì. — Ma tutti oltra le negre
Onde di Stige i tuoi pietosi affetti 270
Ancor non sono: ad infelice vita,
Ma vita pur, restano Edippo, Argìa,
E il Pargoletto suo, che immagin viva
Di Polinice cresce; a cui tu sgombra

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.