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EPOCA TERZA. CAP. VII. 157

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dunque solennemente ricusato, e mi fu preferito [1769] il sudetto giovine. La ragazza fece ottimamente per il bene suo, poiché ella felicissimamente passò la vita in quella casa dove entrò; e fece pure ottimamente per l’util mio, poiché se io incappava in codesto legame (Ji moglie, e figli, le Muse per me certamente cran ite. Io da quel rifiuto ne ritrassi ad un tempo pena e piacere; perché mentre si trattava la cosa io spessissimo provava dei pentimenti, e ne avea una certa vergogna di me stesso che non esternava, ma non la sentiva perciò meno; arrossendo in me medesimo di ridurmi per danari a far cosa che era contro il mio intimo modo di pensare. Ma una picciolezza ne fa due, e sempre poi si moltiplicano.Cagione -di questa mia non certo filosofica cupidità, si €ra l’intenzione che già dal mio soggiorno in Napoli avea accolta nell’animo di attendere quando che fosse ad impieghi diplomatici. Que«to penslere veniva fomentato in me dai consigli del mio Cognato, cortigiano inveterato; onde il desiderio di quel ricco matrimonio era come la base delle future ambascerie, alle quali meglio si fa fronte quanto più si ha danari. Ma buon per me, che il matrimonio ito in fumo mandò pure in fumo ogni mia amabasciato-

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