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Né dubitar, ch'io sotto aerea spoglia
  Guerra t’appresti, e ti deluda i sensi
  51De’ danni tuoi con ingannevol voglia,
Ch’io t’amo, qual a te sceso conviensi
  Dal comun sangue, e a me, che in ciel m’aggiro
  54Felice più di quanto o scorgi, o pensi.
I voti tuoi, che nell'alterno giro
  Del sole al nome mio sacri porgesti,
  57Me trasser fuori del beato Empíro,
Non per recar a te quel che chiedesti
  Di ricchezze ampio don; ma perchè veggia,
  60Che son tai doni al possessor funesti.
Benchè sia duro il modo, onde t’avveggia
  Quai nudri brame in desíar mal sagge,
  63Pur non fia che abborrir, se giovi, il deggia.
Quindi forza di me maggior ti tragge
  Per le vie, che gli augei radon, serene
  66A porre il piè nelle Sicane piagge.
Ove l’aere maligno entro le vene
  Degli egri abitator spirando morte,
  69Veste d’orror le Messinesi arene.
Tacque; e mi prese allor tema sì forte,
  Ch’io spinsi in atto di gittarmi d’alto
  72Le membra alquanto fuor del carro sporte;
E già pendea senza librarmi in alto,
  Quando la Guida pel braccio m’avvinse
  75Da me steso a dar moto al folle salto,
E indietro lo tirò, mentre lo strinse,
  Con lena tal, che sul lasciato seggio
  78Mi torse, mi piegò, mi risospinse;
E poi soggiunse: Amara, a quel che veggio,
  Sì parve a te del tuo cammin la meta,
  81Che la gloria obbliasti, ond’io lampeggio;

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