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Per cui nè venenato aer, nè pianeta
  Di mortiferi semi agitatore
  84Te render salvo in mia virtù mi vieta.
Or di te stesso lo sfrenato amore
  Fa che contrasti a immago util, ma trista
  87Da voglie ingombro allettatrici il core,
Che rara avesti al gioir falso mista
  Parte aspra, e l’Alma a inorridir non usa
  90Fu mai de’ mali alla terribil vista.
Ma grazie rendi al Ciel, che la delusa
  Ragion conosca i suoi sì dolci inganni,
  93E lume acquisti infra il terror confusa.
Oh quai teneri, forti, acerbi affanni
  Mentr’io vissi al mio sen fér lunga guerra!
  96Quanto industre il dolor fu ne’ miei danni!
Lo scettro io vidi della patria terra
  A noi tolto, e il buon popol ingannato
  99Da infida tregua e rea, che alfin lo atterra:
Vidi il diletto mio padre svenato
  Steso giacer nella funerea buca
  102Di tre suoi figli trucidati a lato;
E perchè crudeltate empia riluca
  Più in empia mano, udii del sangue sparso
  105Vantarsi altier lo scellerato Duca.
Ben era il mio valor languido e scarso
  A così fieri assalti, onde si scosse
  108Da mille affetti il cor tristissim’arso;
E allora apparve a me, come se fosse
  A riparar l’umana colpa accinto
  111Quei, che a morir per noi pronto mostrosse
Pallido, lasso, esangue, e quasi estinto
  Fra i pensier tetri, e per l’estremo affanno
  114Di sanguigno sudor le membra tinto,

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