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Ella, che l'una man con modo altero
  Tenea là dove il fianco il busto folce,
  84L’altra innalzò con incurvar leggiero
Verso le labbra, che il bel riso molce,
  E abbassò gli occhi in sì leggiadra guisa,
  87Che in Donna mai non vidi atto più dolce;
E a dir sì prese: Io benché in loco assisa,
  Ove giunger non può quest’aere impuro,
  90E per tanto da te spazio divisa ,
Pur lessi aperto in Dio, cui nulla è oscuro,
  L’ostinato pensier, che sì t’avvinse,
  93Che inutil provi anche il domarlo, e duro.
Ben raro in amator tal si dipinse
  Stabil idea d’una beltà mortale,
  96Qual la mia d’amor nuda a te si strinse.
Ma del Ciel grazia è il tuo pensier, che l’ale
  A me volse; e ch’io scenda a parlar teco
  99È grazia nuova ai maggior doni eguale;
Perchi’io, che porto la mia gloria meco,
  A te la stella di salute additi
  102Nel mar che varchi, aspro di scoglj, e cieco;
E perchè tu, quand’ella a sé t’inviti,
  Tutte rivolga a lei le accese voglie,
  105Ed il mio cor nel riamarla imiti.
Ch’ ella le spine, che in sé impresse accoglie
  Il mio manto, e a me fér vivendo guerra,
  108Cangiommi in segni di trionfo e in spoglie.
Or tu mi segui, e il gran momento afferra
  Per veder quella, che non mai s’appanna,
  111Sacra Aurora, che il cielo orna e la terra.
Seguimi; vano sogno or non t’inganna,
  Od ombra, che dall’aer condenso nacque:
  114Spoglia il muto stupore: Io son Marianna;

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