< Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu
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Lessi in quel guardo gli anni miei fra dura
  Pena trascorsi qual scoccato dardo
  414Per volto fral, che in breve età si oscura;
E i suoi fervidi inviti, ed il mio tardo
  Ritorno, e il finto pentimento: oh quante,
  417Quante cose mi disse il dolce sguardo!
Mentr’io pendea come confuso amante
  Fra vergogna e stupore, e gaudio e speme
  420Dal parlar vivo delle luci sante,
La Guida mia, che in quelle rupi estreme
  Il mio precorso avea volo sì strano,
  423Giunse alla sua la vergin destra insieme,
E in atto umil d’intercessor non vano
  Un Angel le additò d’acuta spada
  426Armato presso a lei la sacra mano,
E disse: Se i miei voti udir t’aggrada.
  Donna del Ciel, che non respinti mai
  429Furo da te nella mortal contrada;
S’io t’ubbidii, se innanzi ai divi rai,
  Chè tal fu legge tua, trassi costui,
  432Che a un tuo sol guardo arse in amor d’assai,
Dammi, che uno stuol d’Alme, intorno a cui
  Stridon le purgatrici aspre faville,
  435Esca dal cerchio di que’ regni bui.
Esse, quando la vita ai corpi unille,
  D’Austria nel sostener le dubbie sorti
  438Sparser del sangue lor l’ultime stille:
Per esse chieggo pace. Or fra le forti
  Prove, onde tu l’alta Giustizia pieghi,
  441Fa, che la spada a te l’Angelo porti,
Cui non avvien, che grazia unqua si neghi,
  Dacché il sen ti piagò. Tu questa scegli,
  444Perchè congiunta a’ tuoi materni preghi

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