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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:159|3|0]]
Dirotto rimbombò quindi uno strido
384Del popol tutto a Dio chiedendo pace,
E altamente mugghiarne i colli e il lido.
Il pian divenne ai dubbj piè fallace
387Nel raddoppiar le scosse, e co’ sonanti
Bronzi non tocchi diér segno verace
Di ruina fatal le vacillanti
390Testuggini de’ tempj, e le più ferme
Torri nella serena aria ondeggianti.
Io ratto corsi ove credei vederme
393Salvo dal suol, che incerto or s’erge, or cala,
All’ima soglia, e alle mie membra inferme
Pel terror diè il terror più fervid’ ala,
396E della porta fra le arcate bande
Fuggii saltando la tremante scala.
M’assordò allor mirabilmente grande
399Precipitoso scroscio, e d’ogn’ intorno
Scoppiò qual tuon, che mille tuoni spande.
Immenso polverio coperse il giorno,
402E della luce desiata invece
Mestissime apparirò ombre dattorno;
E in men che scorre una sei volte in diece
405Divisa parte di volubil ora
Squallido la Città cumol si fece
Di rotte pietre addentro miste e fuora
408Fra spezzate finestre, archi, e colonne
Mozze, altre stese, altre pendenti ancora.
L’eccidio fier, di cui non mai potronne
411Vivi ritrarre i danni, e lo smarrito
Sole, e l’alterno urlar d’Uomini e Donne,
E il volto della Guida impallidito,
414Ch’io non so come aggiunta erasi meco.
Mi rimembràr l’estremo dì compito