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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:160|3|0]]
Delle terrene cose; e per quel cieco
417Aere temei su la fulminea nube
L’eterno rimirar Giudice bieco,
E le Angeliche udir ultime tube;
420Ma la Guida, che pria giacque pensosa,
Qual coniglio, che in macchia ascoso cube.
Ripigliando vigor, disse: Già posa
423Stabile il piano. I tetti mal sicuri
Ha questa sede, e l'altra pur dubbiosa,
Che a fronte stassi, incerti serba i muri.
426S’apre al fuggir la via. Vincer fa d’uopo
Col senno e coll’ardir colpi sì duri:
Seguimi. Ei mosse; ed io guatandol, dopo
429Un profondo sospir, ne seguii l'orme
Ignaro della strada e dello scopo.
Stranamente il sentier s’ergea difforme,
432Asprissimo e scosceso in rozzi mucchi
Di pietre, e in massa inegualmente enorme
Di travi, e intorti ferri, e marmi, e stucchi,
435E seggi, e letti, e deschi ancora tinti
Di sparsi cibi e di pampinei succhi;
Pur da necessitate i piè sospinti
438Battean quel calle, e s’arrestavan lassi
Dal cammin spesso malagevol vinti.
Oh quante volte in alternar i passi
441Caddi, e abbracciai caldo cadaver pesto
Scoperto allor da sgretolati sassi!
E quante arrampicandomi al funesto
444Monte di tetti o affatto svelti, o scemi
Dal tetro fondo udii lo strider mesto
De’ semivivi, che ne’ casi estremi
447Voce mettean fra que’ spiragli acuta,
Sclamando: Oimè! perché ne calchi, e premi?