< Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu
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Oimè! Giustizia estrema avvien che mostri
  615Il colmo del rigor. Oimè! che lassa
  Pietà fu vinta alfin dai falli nostri.
Risposi allor: L’affanno idea sì bassa
  618Desta in te di Pietade, ed il suo immenso
  Valor, che pria lodasti, indietro or lassa,
Ma sgombro il vel di cecitate denso,
  621Che l'afflitta ragion turba ed appanna,
  Tu penserai, come col vero io penso,
Il peccar dolce, che col falso inganna
  624Piacer le umane menti, infiamma, e affretta
  L’ultrice ira, che l’opre empie condanna;
E ben pronta al fallir n’avria vendetta,
  627Se Dio da noi l'immortal Figlio offerto
  Non riguardasse, ostia a placarlo eletta.
Or questo scudo in sua virtù sì certo,
  630Che al fulmin sacro al balenar vicino
  Niun contra noi varco mai scopre aperto,
Schiude allo struggitor lampo il cammino,
  633Se profanato il Tempio mira, ov’egli
  Vittima cadde al Genitor divino;
Ed ahi! squallidi allora, e coi capegli
  636Di cener lordi invano i padri e gli avi
  Cercan chi il seme lor spento risvegli:
Ma pur fra il giusto scempio alzando gravi
  639Gli occhi di pianto al Ciel chieggon umili
  Grazia e perdon, ch’ogni lor colpa lavi.
Or parran questi a te modi aspri e ostili
  642Della diva Pietà, che a sé richiama
  Con forte spron noi servi ingrati e vili?
Fora sommo rigor di lei, che n’ama.
  645Se appien lasciasse inverminir le piaghe,
  Che impresse in noi la scellerata brama,

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