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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:177|3|0]]
Unica avea in duo cor posta radice
216La tua fiamma, e partendo ad essi eguale
Speme e piacer era d’entrambo ultrice.
Fin gli stessi pensier, benché dal frale
219Velo nascosi, per secreta forza
A pari meta dispiegavan l’ale.
Reggeami l’Alma, e la caduca scorza
222Lo Sposo mio col giogo tuo, che molce
I duri affanni, e a rallentar gli sforza:
Dolce a lui era impor quella, che folce
225L’alterno pio dover, legge soave;
Ed a me l’ubbidirla era più dolce:
Così fra i varj moti, onde il cor ave
228Gaudio, pena e timor, traemmo vita,
Di cui altri non mai trasse men grave.
Ma giunse alfin per me l’ora compita
231Del terren corso, contro cui nè lutto,
Né prece, né sospir mai porse aita.
Me nel mio grembo a illanguidir ridutto
234La Prole uccise, e quel che d’amor era
Pegno, divenne di mia morte il frutto.
Allor, poiché vid’io fra così fiera
237Lutta l’opre del mio Sposo, e i pensieri
Tranquilli presso alla fatal mia sera,
Oimé! gridai, che Amor t’asconde i veri
240Segni, che pur su l’egra fronte io schiudo;
Oimé! che Amor t’inganna, e invan tu speri.
Ma quando lascerà lo spirto ignudo
243Gelida la mia spoglia, ah! quanto fia
Non aspettato il tuo dolor più crudo.
Fra tai voci la man, ch’egli m’offrìa,
246Strinsi e baciai; e in sì pietoso nodo
Uscì dal carcer suo l’Anima mia.