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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:201|3|0]]
Nè a lui beato d’abbracciar incresca
L’indegno umano cor, per cui morìo:
441Che pietade anzi in tale stato accresca
Per l’Uomo al Padre, e in lui compia il desìo
Di Giustizia e d’Amor, mentr’egli il mira
444Vittima insieme, e Sacerdote, e Dio.
Queste dell’ardor mio, che in lui s’aggira
Chiare fur geste, e pregio mio sublime
447Quest’è, che ascoso un Dio d’amor sospira,
E in terra v’ha chi di scemar s’estime
L’onor di tanta impresa, e chi s’arroghi
450La colpa d’annebbiar l’opre mie prime?
Chi vittima non creda arsa fra i roghi
Questa, ma immago; e del Dio vero in vece
453La rimembranza sol del Dio surroghi?
Or s’avvegga, che a un folle ardir non lece
Tormi il trionfo mio, qual l’ebbi in pria:
456Già il fulmin mi prestò Quegli, che il fece;
E il Popol reo, che il mio gran dono obblìa,
Provi me Amor, ma di pietade ignudo:
459Mia fu l’offesa, e la vendetta è mia.
Con tai detti vibrò lampo sì crudo
Verso il confin delle nemiche tende,
462Che fora vano opporgli usbergo e scudo.
Il lume rapidissimo, che scende,
Gli occhi abbagliommi; ed allor ch’io gli apersi,
465Stetti qual Uom, che nulla vede e intende;
Ma poi che a poco a poco abili férsi
Le pupille al lor uso, al ciel m’affisi,
468E più la bella Visìon non scersi.
Quindi, se i fati eran ornai decisi
Delle due Genti, ad esplorar m’accinsi;
471Ch’io mentre avea gli sguardi ad Amor fisi,