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Nè a lui beato d’abbracciar incresca
  L’indegno umano cor, per cui morìo:
  441Che pietade anzi in tale stato accresca
Per l’Uomo al Padre, e in lui compia il desìo
  Di Giustizia e d’Amor, mentr’egli il mira
  444Vittima insieme, e Sacerdote, e Dio.
Queste dell’ardor mio, che in lui s’aggira
  Chiare fur geste, e pregio mio sublime
  447Quest’è, che ascoso un Dio d’amor sospira,
E in terra v’ha chi di scemar s’estime
  L’onor di tanta impresa, e chi s’arroghi
  450La colpa d’annebbiar l’opre mie prime?
Chi vittima non creda arsa fra i roghi
  Questa, ma immago; e del Dio vero in vece
  453La rimembranza sol del Dio surroghi?
Or s’avvegga, che a un folle ardir non lece
  Tormi il trionfo mio, qual l’ebbi in pria:
  456Già il fulmin mi prestò Quegli, che il fece;
E il Popol reo, che il mio gran dono obblìa,
  Provi me Amor, ma di pietade ignudo:
  459Mia fu l’offesa, e la vendetta è mia.
Con tai detti vibrò lampo sì crudo
  Verso il confin delle nemiche tende,
  462Che fora vano opporgli usbergo e scudo.
Il lume rapidissimo, che scende,
  Gli occhi abbagliommi; ed allor ch’io gli apersi,
  465Stetti qual Uom, che nulla vede e intende;
Ma poi che a poco a poco abili férsi
  Le pupille al lor uso, al ciel m’affisi,
  468E più la bella Visìon non scersi.
Quindi, se i fati eran ornai decisi
  Delle due Genti, ad esplorar m’accinsi;
  471Ch’io mentre avea gli sguardi ad Amor fisi,

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