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Il vasto loco pien di vario-sparte
  Folte erbette, che nulla arbor, nè fratta
  18Con intralciati rami ingombra, o parte,
Dolce allargommi il cor, cui sembra intatta
  A par del guardo aver sua libertate
  21L’immenso avidamente a scorrer atta.
Qui nel varco di quelle a fior smaltate
  Piagge il fianco posai sotto rugoso
  24Olmo d’opache insiem foglie intrecciate,
Ove il puro aere, il rezzo ed il riposo
  Grato a stanchezza invogliò più l’ingorda
  27Vista a vagar per l’ampio strato erboso.
Rotto ora il lato spazio era da lorda
  Trave d’un altaleno, onde pendea
  30Vaso a trar l’acqua avvinto a docil corda.
Or da capanna vil, su cui serpea
  L’ellera i cerri ad agguagliar avvezza,
  33Che l’aride nel tetto alghe radea:
Rozzi obbietti al pensier; ma la rozzezza
  Spirava per l’erbifera pianura
  36Lieta semplicità, se non bellezza.
Scorrea la morbidissima verzura
  Favonio, cui son le odorate rose,
  39E i molli gigli amica e facil cura,
E quelle umìli piante e rugiadose
  Piegando intenerìa colla diffusa
  42Aura le fibre lor sotterra ascose;
Mentre il passero grigio, e la delusa
  Spesso da’ rai degli aggirati specchi
  45Lodola, e all’arduo vol la rondin usa
Aleggiando scegliean i levi stecchi
  Per tesser nido alla futura prole
  48Di molle creta, e di sermenti secchi:

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