Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
216 | visione |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:238|3|0]]
E strignerei le fredde mani eburne
Con tanti d’amor segni e di pietade,
51Che invidia ancor n’avrian l’altr’ossa e l’urne.
Così, qual spesso a chi delira accade,
La mente fuor di sé nel duol rapita
54Dicea, spingendo per ignote strade
La salma sua stupidamente ardita,
Che i pian diversi alle pupille offerti
57Non vedea, perchè l’Alma era smarrita.
Poiché a sé ritornò dopo gl’incerti
Flutti de’ suoi pensier l’Anima errante,
60Mi trovai dentro a vasti campi aperti,
In cui non allignò mai verdeggiante
Erba, né pinto fior, né irrigò fonte
63Con limpid’acque le frondose piante:
Non rupe nuda, né selvoso monte
Ivi s’ergea; ma sol di sabbia piene
66Valli ampie si perdean coll’orizzonte,
Sfumando i confin lor nelle serene
Vie dell’etere azzurro. Unica al guardo
69Lungi splendea nelle solinghe arene
Mole alta fin dove ferir può dardo;
E colà il grande, e non più visto obbietto
72M’invitò il passo per tristezza tardo.
Sul terren da qualunque arte negletto
Maravigliando io già, che l’occhio avvezzo
75Sì a lungo fosse a non mai vario aspetto;
Ch’io dal sol non varcava all’ombra e al rezzo,
Ma sempre egual fendea lume, e la stessa
78Aria nullo spirante odor, né lezzo;
E sol qua e là della men grave e spessa
Arena sorgea fuor con fiacche forze
81Macchia di spini appena sorta e oppressa,