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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:248|3|0]]
Mi volsi, e un sol mirai piover a fiumi
Aurei sua luce inestinguibil deutio
381A un cavo acciar, che rifletteane i lumi.
Parea lo specchio aver senso, e per entro
Al fondo curvo destar moto, e alzarse
384Verso il sol, che il rapia forte al suo centro;
Ma di catena oscure tracce sparse
In esso rimandar gli togliean piena
387La luce, e insiem al suo fonte appressarse.
Mirabil mostro! Avea nascenti appena
Due candid’ale ai ferruginei lati,
390Non pari all’orme della sua catena.
I folgori dal globo igneo vibrati
Rodean ardendo i rugginosi ed ampi
393Vestigj dal servii ceppo vergati,
E l’acciar, come fosse un Uom, che avvampi
Pago, e onor dal suo rogo e pace aspetti,
396Stridea infocato, e ne invitava i lampi,
Che nel fulgor ripercotea più netti,
E col riverberar più pura fiamma
399Cresceangli i vanni a fender l’aria eletti.
Poiché l’immensa lampa, che l’infiamma,
Col foco affinator, che in esso tenne,
402Qualunque divorò di ruggin dramma,
Spiegò lo speglio le robuste penne
Per la splendente via degli astri erranti,
405Ed immerso nel sole il sol divenne.
Nel meditar la Vision, che avanti
Agli occhi miei veracemente apparve,
408Il nudo io sciolsi di que’ detti santi,
Che al basso ingegno indissolubil parve,
E ripien d’ineffabile dolcezza
411Rimasi allor, che il grande obbietto sparve.