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Del numero beato ultima venne
  Caritade, e una mano al Duce scelto
  249A trionfar porse, ed avvinto il tenne,
Mentre con l’altra dalle fibre svelto
  Mostrava un cor da vampe avide preso,
  252Che vivo ancor ardea, benché divelto.
Salìa l’Eroe col manto all’aure steso
  Ricco di Croci inteste a gemme e ad auri,
  255E armato di cangiante usbergo acceso,
Che al vario sol par che s’innostri e inauri,
  E coronato la serena fronte
  258Da raggi, che vestìan forme di lauri.
Questa eletta Virtude, a cui fùr conte
  Le pietose di lui magnanim’opre
  261Intente ad alleviar gli oppressi e pronte,
Incominciò: Guardami. Più non copre
  L’eterno mio chiaror la tenebrata
  264Nebbia, che in terra ogni mortal ricopre.
Io tua son, o Francesco; e a te svelata
  Parlo, e quanto oprai teco altrui rammento.
  267Quando arse la fatal stanza serbata
Alla fulminea polve, e in mi momento
  Con tuono, che orrendissimo rimbombe,
  270Scoppiàro alto tra il foco, il famo e il vento
Gli ampj macigni, e le ferrate bombe;
  E breve in tanto lutto era intervallo
  273Per empier di cadaveri le tombe,
Stetti al tuo lato: e sul tremante vallo
  L’intrepida tua voce in tal ruina
  276Sì mossi, che fér ne’ perigli il callo
Quei, che sottrar dovean l’esca vicina
  All’ atre fiamme; e vanto fu sol tuo
  279D’Austria salvata la città reìna.

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