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E serba ancor delle svenate schiere
  All’asta, che ne’ petti armati immerse,
  279Le ravvolte da lui Caldee bandiere.
Questi nella Giudea, mentr’egli offerse
  In sagrifizio a Dio vittime tante,
  282La strada all’aure venenate aperse
Del buon Re sciolto in pianto agli occhi avante:
  Vedi, che ancor la feral tazza aggira
  285D’orribile furor colma e fumante.
Cent’altri poi, da cui vendetta spira,
  Ei m’additò scelti al terribil uso
  288Della celeste irreparabil ira;
Ond’io dall’atra vision confuso
  Con fioca voce: Oimè! Padre, gli dissi;
  291Grande è il mio fallo, e non l’ascondo, o scuso.
Ma per que’ carmi all’alte porte affissi,
  Poich’ egli è ver, che libertade è rea,
  294Spiega come finor libero io vissi,
E come avvien, che la divina Idea,
  In cui d’ogn’uom l’opra futura è impressa,
  297Arbitre in loro oprar l’alme poi crea.
Ed egli a me: M’avveggio ben, che oppressa
  La mente tua da una vertigin folta
  300Vorrìa da immobil fato esser compressa;
Ma fra la nebbia tua pel ver disciolta
  Intenderai del tuo poter interno
  303Grave da me argomento; e tu m’ascolta.
Poiché avvi immenso in Dio saper eterno,
  Dubbio non è, che tali egli potesse
  306Crear sostanze col valor superno,
Che fosser pur esse cagioni, ed esse
  Di lor medesme virtù avendo attiva
  309L’adoprasser intera entro sé stesse.

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