< Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu
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Ond’essa, quando avvien che il desìo scioglia,
  Poichè libera in sè fatta è da lui,
  345Debbe voler, com’egli vuol che voglia.
Nè Dio col preveder le geste altrui
  Cangia agli enti natura, e il puro offende
  348Dono di libertà ne’ moti sui;
Che il sommo antiveder, che in lui risplende,
  Da giustizia e pietà se lo dividi,
  351Indifferente appien per l’uom si rende,
In quella guisa che se tu dai lidi
  Un errante nel mar naufrago scopri,
  354Perchè tu il guardi a naufragar, nol guidi;
Così Dio scorge quel che pensi ed opri,
  Ma non t’astringe a far quel ch’egli vede,
  357Né il vedrà mai, se divers’atto adopri.
Qual la memoria tua, che ti fa fede
  Di prische opre, non fu mai per te dura
  360Forza a far ciò, che al ricordar tuo riede,
Ma averlo fatto è la ragion, che in pura
  Immago offrasi all’Alma, e tu il rivegga;
  363Tal la prescienza in Dio d’opra futura
Non è destin violento, che il tuo regga
  Spirto a far quel che eseguirai dipoi;
  366Ma il farlo tu è cagion ch’essa il prevegga.
Eroe felice, i sacri accenti tuoi,
  Io gli soggiunsi, han già disciolta l’ombra,
  369Che annebbiò l’alma mia ne’ dubbj suoi.
Ma un novo bujo in me sorge, e m’ingombra.
  Come in noi regni e libertade e grazia.
  372Deh! tu, che solo il puoi, tu me ne sgombra.
Troppo chiedi, ei gridò. Mente, che spazia
  In corpo fral, non cape i sensi eletti
  375Di chi nel centro del saper si sazia;

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