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Dei Re de’ fiumi alla populea sponda
  M’avvidi il pien d’orror nembo appressarse
  15Per lo increspar retrogrado dell’onda,
Pel lume fier, che sovra l’argin arse,
  E per la polve attorcigliata in suso,
  18Che sì folta negli occhi a me si sparse,
Ch’io colle man difesi il ciglio chiuso.
  E allor fra le addoppiate ire del vento,
  21Fra la tempesta e i fulmini confuso
S’io cadessi non so ne’ sensi spento,
  E lo Spirto di Dio nuove infondesse
  24Idee nell’Alma assorta in quel momento,
O se più lieve il corpo mio rendesse
  L’agitato sul Po turbin che apparve
  27Sì, che l’eterea via varcar potesse;
So che su’n erto colle esser mi parve
  Sì certo spettator di quel ch’io vidi,
  30Che fora colpa il dubitar di larve.
Eran alberghi di silenzio fidi
  Del colle i poggi, ove nè armento rara
  33Orma imprimea, nè augel formava i nidi
Lo vestìa terra ingrata e d’erbe avara,
  E l’adombravan le ramose piante
  36Del sacro incenso e della mirra amara.
Muta era l’aria; ma in que’ sassi infrante
  Tratto tratto s’udian d’un pianger fioco
  39Note come di suon da lungi errante:
Lume tranquillo ivi splendea, ma poco;
  E pur un non so che d’interna pace
  42Mi rendea dolce, ancor che triste, il loco.
Mentre in profondo meditar sen giace
  L’Alma gl’ignoti obbietti: E perchè vai
  45Pensando a quel che tua ragion ti tace?

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