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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:52|3|0]]
E m’infuser conforto al cor soave;
Quando si volse a me l’Anima bella,
279Che più nel suo gioir non spera o pave,
E disse: Il corpo tuo, che rinnovella
Col moto l’ombre sue, mostra che vivi
282Mortale ancor sotto la bassa stella;
Però se avvien, che a ricondur tu arrivi
Nell’aere fosco la tua frale spoglia,
285Col mio trionfo la mia gloria scrivi:
Scrivi al Real mio Genitor, che toglia
Dal cor l’affanno, e dileguando il lutto
288Scemi alla Madre pia l’acerba doglia;
Sì che la stirpe sua col ciglio asciutto
Renda altrui noto, e col sereno volto,
291Quanto ebbi grato di mia morte il frutto.
Ch’io fior non fui da cruda falce colto
Per onta, o sdegno, ma su l’alta sfera
294Tra i più bei fior dalla Pietade accolto;
E a me non si fé’ notte innanzi sera;
Ma i miei giorni d’assai lunghi mi fùro,
297Per cui rinacqui entro la luce vera.
Scrivi, ch’io mi rammento ognor quel duro
Ultimo addio, ch’ei diemmi, e 1’affannata
300Mia voce rese a lui fra il labbro oscuro;
Ch’ei mi è padre anche in ciel; che a me beata
Di gaudio il pianto suo nulla sottragge;
303Ma ch’io non deggio esser col pianto amata.
Poi, se la facil via colà ti tragge,
Ove la mia Germana alberga, e affrena
306Gli abitator delle Parmensi piagge,
Dille, che arresti al lagrimar la piena,
Che amara fé’ su gli occhi suoi ritorno
309Mille fiate con sì larga vena;