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E ai glauchi lumi, ed al cipiglio spesso,
  Che la dolce aria fea parer severa,
  87Lo conobbi, e gridai: Sì, tu sei desso,
Tu sei Cornelio Bentivoglio. O vera
  Gloria della tua stirpe, e chi t’ha spinto
  90Fuor del gran cerchio dell’eterna sera
Per affrenar me a gir in parte accinto,
  Ove Amor fassi al piacer guida, e segno?
  93Sei tu nud’alma? o non sei anche estinto?
Ed egli a me: Della mia morte il pegno
  Non dubbio è il cener mio, che freddo ingombra
  96L’urna nel centro dell’Ausonio regno;
E però tu del viver mio disgombra
  La vana idea, che non è quel, che vedi,
  99Il corpo mio , ma del mio corpo un’ombra;
E questa col più denso aere, cui diedi
  Moto, forma e color, visibil resi
  102Nel mover l’ale dall’eteree sedi:
Perchè non sian da’ rai, ch’io spargo accesi
  Del celeste fulgor che mi circonda,
  105I terreni occhi tuoi vinti ed offesi.
Ben deggio la felice aura seconda,
  Che mi sospinse nei beato porto
  108Contro l’impeto fier dell’ultim’onda,
Deggio a lei sola, che a me stanco e smorto
  Su la terribil via d’eternitade
  111Colla sua diva man porse conforto.
Essa madre di grazia e di pietade,
  Che il Figlio onnipotente in don le diede,
  114Di me parlò coll’immortal Bontade,
E su l’estremo varco, ove risiede
  L’Angel reo tentator, mille diffuse
  117D’Amor, di Speme in me raggi e di Fede;

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