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E allor la Guida al terminar del passo
  Quel raggio accrebbe, che gli uscìa dal volto,
  219Per rischiarar la sculta via nel sasso,
E me condusse in terren ampio, e folto
  D’ erbe, e di fior fra impure acque tranquille
  222Da tenebrata e torpid’aria involto,
Fra cui strisciavan pallide faville
  Atte a mostrar smorta di luce immago,
  225Non gli allumati obbietti alle pupille.
Qual se vapor surto fra monte e lago
  Piove in grandine fredda, e peste, e rotte
  228Lascia le spoglie del Maggio più vago,
Le lucciole dal gel cadon ridotte
  Semivive ne’ prati, e di lor scarso
  231Languido stuol fende l’opaca notte;
Tal in quell’ombre era il barlume sparso:
  Funeste ombre infelici, in cui sì lieve
  234Apparia lampo, ed ascondeasi apparso.
Fra quelle un popol reo pascol riceve
  Soave ai desir suoi, non già dall’Alma,
  237Ma dalle fogne putride, ch’ei beve;
E intento a saziar l’ ingorda salma,
  D’empie voglie i pensier grava, e gli sforza
  240Nell’empie voglie a ritrovar la calma;
Onde, poich’egli in sè l’infuso ammorza
  Lume del vero, in lui ragiona, e vive
  243L’Alma non più, ma l’impudica scorza.
Benché fosser de’ rai del giorno prive
  Le genti, io vidi in pormi loro al fianco
  246Qual traean vita in quelle infami rive.
Uomini e Donne, altri con roseo e bianco
  Giovane volto, altri in viril sembiante,
  249E col frale altri in vecchie membra stanco

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