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E urtando il fianco mio, qual chi di furto
  Uom, che s’affida, assale, entro un abisso
  285Mi spinse, e insiem precipitò coll’urto.
Gelido pel terror col guardo affisso
  Invan nel fosco a ricercar la meta
  288Del salto enorme ai soli augei prefisso,
Tanti spazj varcai, che il gran pianeta
  Avrìa nel scender mio le lucid’ore
  291Dall’alba tratte entro alla notte cheta;
E la Guida, cui piacque il mio timore,
  Tardi temprollo, e disse: Amaro, e duro
  294È questo passo a un empio cor, che more;
Ma a te, che col tuo fral scendi, è sicuro:
  Ben ti fu amico il Ciel, cui sceglier parve
  297Te non estinto ad un cammin sì oscuro,
Già siam presso al confin; già il primo apparve
  Ondeggiamento del pungente fumo
  300Coill’erranti nel fumo orride larve.
Non temer; ch’io coll’ali mie t’impiumo.
  Urta, apri, e passa. Ecco che appena il dissi,
  303E già passasti l’infernal profumo.
Nel compier questi accenti un largo udissi
  Suon d’alti pianti, e disperati lai,
  306Cui rispondean muggendo i ciechi abissi;
E fra tanto fragor, ch’altro non mai
  Simil tuonò 1’orecchio mio scuotendo
  309Sotto una ferrea volta il piè posai,
Da cui per due, che aprìrsi a me stridendo
  Su cardin fermi, adamantine porte
  312Scoprii d’immense fiamme un mare orrendo.
Or chi al mio stil darà lena sì forte,
  Che adombri almen di que’ dogliosi Spirti
  315La riaascente ognor continua morte?

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