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Già divenìa soave al petto infermo
  La scellerata febbre, ed era, ahi lassa!
  417Dolce a me vinta il non trovar più schermo.
Quindi, poiché ogni segno amor trapassa,
  Da que’ tenaci nodi, in cui m’avvolsi,
  420Stretta, agitata, accesa, e d’arder lassa,
L’ultimo in preda all’Amator disciolsi
  Freno di mia virtude. Oimè! che feci?
  423Oimè! per dargli vita a me la tolsi:
Ch’io dal suo pianto e dalle vive preci
  Spinta, ma più dal mio furor, aggiunsi
  426Falli al gran fallo in raddoppiate veci;
E tal dell’error mio frutto congiunsi
  Alle viscere mie, che d’atra fama
  429Pel vicin danno a inorridirmi io giunsi.
Nel duro stato, e in sì discorde brama
  D’amar chi m’ offendea, d’odiar l’offesa
  432Col dubbio cor, mentre odia a un tempo, ed ama,
Tentai mille arti, ond’io già grave resa
  Scuotessi il peso accusator dal grembo;
  435Ma il colpo errò nell’omicida impresa.
De’ miei desir contrarj allor fra il nembo
  Al peggior dei pensier tristi m’attenni,
  438Qual chi in mar del naufragio erra sul lembo ;
E contro al Padre mio cruda divenni
  Tigre, e con mani in mal oprar non rozze,
  441Quello, ond’io nacqui, di tradir sostenni;
Ch’ei sol potea le temerarie e sozze
  Mie fiamme vendicar col sangue reo,
  444E a me vietar le inonorate nozze.
Oh mie colpe! oh mie furie! Egli perdéo
  La vita col velen, ch’empia gli porsi,
  447E fra sì ingrate braccia alfin cadéo.

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