< Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu
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Poggiammo a un margin largo, onde già mossa
  Scendea la luce nell’oscuro fondo,
  219Su cui spinser le mie vertebre l’ossa.
Il margo argin formava ad un profondo
  Fiume, che d’archi e tronchi muri un monte
  222Erto radea rapidamente a tondo,
Cui libero porgea tragitto un ponte,
  Che sovrastava col pietroso dorso
  225Di cotant’acque alla perpetua fonte,
Che, benché velocissime nel corso,
  Pur tacite sfuggìan, come se fosse
  228Un rigagnol di pingue olio ivi scorso.
Sovra quel masso, ov’io salii, mostrosse
  Tal di miste fra lor forme un’immago,
  231Che a svilupparle in sé il pensier levosse.
Nata allo scettro, anzi che al fuso e all’ago.
  Una Vergin vid’io, cui su le ciglia
  234Astro splendea mirabilmente vago:
Da un lato in guisa d’uom, che la consiglia,
  Strigneala fra le braccia un Garzon forte
  237Fasciato gli occhi di benda vermiglia,
E cinto il crin, che ombrava a lui le smorte
  Guance, d’aspidi, qual pinse l’Egitto
  240Iside colle serpi al capo attorte.
Parlando ei la svolgea dal cammin dritto
  Sovra un ingannator fiorito vallo,
  243Che attorno al fiume strada era al delitto;
E in parlar diffondea fumo dal giallo
  Labbro, offuscando a lei l’astro sul viso,
  246Come per fiato appannasi il cristallo.
Dall’altro Donna, che un celeste riso
  Sotto candido vel tralucer fea,
  249Stavale accanto, e col non mai diviso

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