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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:87|3|0]]
A che t’alzi cotanto, o enfiata polve,
Se invincibile ognor hai vento al fianco
318Che ti rispinge a terra, e ti dissolve?
Coi tetri simulacri entraronmi anco
I tristi carmi al cor, sì ch’io divenni
321Smarrito e in umiltà pavida bianco,
Finché al termin del ponte infausto venni,
In cui d’atro scheggion sovra il pendìo
324Tai rilevate in fuor note rinvenni:
Stolto è pensier, che il gran Figliuol di Dio
Sen gisse a morte inonorato e lasso:
327Creder dunque forz’è ch’egli morìo.
Lo strano argomentar scritto in quel sasso
L’intelletto, che in sé il volgea, confuse
330Fra maggior notte, e mi sospese il passo.
Ma lo stupor, che a me le labbra chiuse,
Alla Guida le aprì, che gridò: Segui
333Il cammin, che la Fede a te dischiuse
Fra gli error tuoi, finché il tuo piede adegui
L’obbietto suo; chè in breve fia che questo
336Nuvol d’oscure idee ti si dilegui.
Allora cominciai del colle mesto
A valicar la tortuosa via
339Rasante il corso del fiume funesto,
Donde i fioriti margin io scoprìa,
Su cui vagando in affannoso moto
342Densa turba il fallace Onor seguìa;
Ma d’acquistarlo il modo erami ignoto,
Nullo scorgendo in quegli erbosi lidi
345Obbietto altier dell’ingannevol voto.
Quando levati gli occhi al cielo io vidi
Corone aurate, e immarcescibil serti,
348Che librati a diritto esser m’avvidi