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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:91|3|0]]
Par qual se piagge varcasser di spessi
Roridi gigli e molli fior vestite,
450Vincean l’asprezza di que’ marmi fessi.
Non che senso destasser le ferite
Scevro di duolo nella parte offesa;
453Ma perche piaga, ove Amor l’apra, è mite.
Sacro è il dolor alla speranza accesa
Dal lume onnipossente, onde risplende
456La corona nell’alte aure sospesa,
Che folgorando in essa i raggi stende
Riflessi al poggio alpestre, e dall’eterno
459Suo fonte a chi gli abbraccia in sen discende.
Nè coi placidi sol lampi l'esterno
Velo gl'indora, ma le ascose giunge
462A ricercar fibre del core interno,
E la virtù gli avviva allor che il punge;
E in incitarlo all’onorata palma
465Nove ognor penne al desiderio aggiunge.
Ivi ogni peregrina ed elett’Alma
Ben s’avvede calcando il cammin tristo,
468E per l’infusa in lei dal Cielo calma,
Di libertà, ma più di grazia misto
È il varco alla gran meta, e all’opre umili
471Più don, che premio è il glorioso acquisto:
Quindi ricca di Dio nelle servili
Spoglie abbietta di sè gode far mostra,
474E, ancor che forte, assomigliarsi ai vili.
Oh alle felici cure amica chiostra!
Cui l'erme rupi ed i sentier solinghi
477Umiltà infiora, e stabil gloria innostra.
Così sclamai spingendo i pie raminghi
Sovra un sasso erto sì, che ne scoprìro
480Que’, che l’ombra laggiù par che lusinghi;