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Par qual se piagge varcasser di spessi
  Roridi gigli e molli fior vestite,
  450Vincean l’asprezza di que’ marmi fessi.
Non che senso destasser le ferite
  Scevro di duolo nella parte offesa;
  453Ma perche piaga, ove Amor l’apra, è mite.
Sacro è il dolor alla speranza accesa
  Dal lume onnipossente, onde risplende
  456La corona nell’alte aure sospesa,
Che folgorando in essa i raggi stende
  Riflessi al poggio alpestre, e dall’eterno
  459Suo fonte a chi gli abbraccia in sen discende.
Nè coi placidi sol lampi l'esterno
  Velo gl'indora, ma le ascose giunge
  462A ricercar fibre del core interno,
E la virtù gli avviva allor che il punge;
  E in incitarlo all’onorata palma
  465Nove ognor penne al desiderio aggiunge.
Ivi ogni peregrina ed elett’Alma
  Ben s’avvede calcando il cammin tristo,
  468E per l’infusa in lei dal Cielo calma,
Di libertà, ma più di grazia misto
  È il varco alla gran meta, e all’opre umili
  471Più don, che premio è il glorioso acquisto:
Quindi ricca di Dio nelle servili
  Spoglie abbietta di sè gode far mostra,
  474E, ancor che forte, assomigliarsi ai vili.
Oh alle felici cure amica chiostra!
  Cui l'erme rupi ed i sentier solinghi
  477Umiltà infiora, e stabil gloria innostra.
Così sclamai spingendo i pie raminghi
  Sovra un sasso erto sì, che ne scoprìro
  480Que’, che l’ombra laggiù par che lusinghi;

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