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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu{{padleft:94|3|0]]
Né potè a stretta dell’error fra il laccio
Altramente pensar, finché benigna
549Grazia del Giel non la togliea d’impaccio,
Svelando a lei, che il putrido, che alligna
Germoglio in essa di desir perversi,
552La rendea torta, e in giudicar maligna:
Chè nel pregio, in cui dee la vera aversi
Gloria, troppo di Dio, che ben l’apprezza,
555Sono i pensier da quei dell’Uom diversi;
E che argomento illustre è di certezza,
Che un Dio morì, perché fatto sì grande
558Al mondo menzogner sembrò stoltezza;
Mentre il chiaror qualunque sia che mande
L’Onor caduco, innanzi agli occhi eterni
561Notte invece di lume orrida spande.
La cagion venenata, onde gl’interni
Moti dell’Alme infetti furo e guasti,
564Acceca or quei, che in noi bestemmie e scherni
Vibrando errar sul verde argin mirasti,
Che di vertigin nova ebbri e d’antica
567False credon le vie, che tu calcasti;
E accusan di follia color, che amica
Fede condusse del difficil Colle
570Sovra la falda sterilmente aprica:
Ma spento in morte quel che in essi bolle
Di tenebrate idee vapor condenso,
573Vedran, colpando il desìo lor di folle,
Che una mente, cui dato è il dono estense
D’accoglier Dio, da lui se si divide,
576Tanto vota divien, quant’egli é immenso:
E in vacuo sì crudel s’agita e stride,
S’adira, e piagne invan, chiamando tardi
579Pietà, che torva al suo dolor sorride.