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DI F. ALGAROTTI |
Avendo il clima della Germania e lo studio indefesso alterata notabilmente la sua sanità, l'Algarotti ritornò a Venezia; poi si ridusse a Bologna, dove, instituita nella propria casa un'Accademia da lui chiamata degl' Indomiti, andava incoraggiando gl'ingegni de'giovani studiosi con premiare le migliori composizioni ch'e'vi leggevano.
Da Bologna finalmente si trasse a respirare la dolce aria di Pisa, giudicata per l'unica medicina che gli rimanesse da sperimentare nella tisichezza ond'egli era visibilmente infetto. Ma tornò vana questa speranza; ed egli con filodofica rassegnazione vedea di giorno in giorno sempre più appressarglisi la morte. La mattina si occupava introno alle belle arti col pittore ed architetto Maurino, suo dilettissimo amico; appresso desinare, si facea leggere le sue opere, che si ristampavano allora in Livorno, e ne correggea le bozze; e la sera, circondato da eletta società, si ricreava con divertimenti musicali. In tal guisa cessò di vivere l'Algarotti il giorno 3 di Maggio 1764, in età d'anni 52, ingannando le molestie della malattia, e allontanando l'orrore che inspira il terminar dell'esistenza.
Egli medesimo si avea preparato il disegno del sepolcro e l'epitaffio, non già per orgoglio, ma spinto dal sacro amore all'arti belle, che, ancora in faccia alla morte, non poteva