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SOPRA L'ARCHITETTURA

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in modo che fossero come dimostratrici di quello che si vedrebbe quando l'opera fosse di legname (*). E l'origine si è questa e il progresso della maniera del fabbricare che dagli Egizi presero i Greci, e la trasmisero molto più raffinata a noi; e seguita trovasi da' Cinesi, dagli Arabi, dagli Americani, da tutte in somma le nazioni del mondo. Ora questo vuolsi esaminare, se fosse ben fatto o no; e se, piuttosto che ritenere negli edifizi le forme del legno, gli architetti dovessero dipoi lasciarle del tutto da banda, e sostituirvi quelle particolari forme che proprie fossero alla natura delle altre materie che si vennero di mano in mano a mettere in opera. Due cose principalmente chiamano a sè l'attenzione in qualsivoglia edifizio: la solidità intrinseca, e la bellezza che apparisce al di fuori. Quanto alla dolidità, non può cader dubbio che a pigliare unicamente non si abbia in considerazione la qualità della materia onde construir si vuola la fabbrica. Varie sono le forze di che vannno fornite le varie sorte della pietra o del legno; e maggiore o minore è lo sforzo che hanno esse da fare, secondo il più o il meno del carico che hanno da reggere. Grandissima è la differenza che corre tra il macigno e il granito, tra la pietra viva e la cotta,

(*) Vitruvius lib. IV, cap. 2. Leon Battista Alberti dell'Architettura lib. I, cap. 10. Andrea Pailadio lib. I, cap. 20. Vincenzo Scamozzi lib. VI, cap. 2 e 3, parte 2, ec.
Algarotti, Vol I.

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