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22 | Atto Primo. |
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Cangia (prego) consiglio,
Pazzarella che sei.
- Silvia
- Altri segua i diletti de l’Amore,
Se pur v’è ne l’amor alcun diletto:
Ma questa vita giova, e ’l mio trastullo
E’ la cura de l’arco, e de gli strali,
Seguir le fere fugaci, e le forti
Atterrar combattendo, e, se non mancano
Saette à la faretra, ò fere al bosco,
Non tem’io, che à me manchino diporti.
- Dafne
- Inspidi diporti veramente,
Et insipida vita: e, s’à te piace,
E’ sol, perche non hai provata l’altra.
Così la gente prima, che già visse
Nel mondo ancora semplice, & infante,
Stimò dolce bevanda, e dolce cibo,
L’acqua, e le ghiăde, & hor l’acqua, e le ghiăde
Sono cibo, e bevanda d’animali,
Poi che s’è posto in uso il grano, e l’uva.
Forse, se tu gustassi anco una volta
La millesima parte de le gioie,
Che gusta un cor amato riamando,
Diresti, ripentita, sospirando:
Perduto è tutto il tempo,
Che in amar non si spende.
O mia fuggita etate,
Quante vedove notti,
Quanti dì solitari
Ho consumati indarno,
Che si poteano impiegar in quest’uso,
Il qual, più replicato, è più soave.
Cangia, |
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