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48 | Atto Secondo |
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SCENA SECONDA
Dafne. Tirsi
- Dafne
- Tirsi, com’io t’hò detto, io m’era accorta,
Ch’Aminta amava Silvia: e Dio sà, quanti
Buoni officij n’ho fatti, e son per farli
Tanto più volontier, quant’hor vi aggiungi
Le tue preghiere: ma torrei più tosto
A domar un giuvenco, un’orso, un tigre,
Che à domar una semplice fanciulla,
Fanciulla tanto sciocca, quanto bella,
Che non s’avveggia ancor, come sian calde
L’armi di sua bellezza, e come acute;
Ma, ridendo, e piangendo, uccida altrui,
E l’uccida, e non sappia di ferire.
- Tirsi
- Ma, quale è così semplice fanciulla,
Che, uscita da le fascie, non apprenda
L’arte del parer bella, e del piacere,
De l’uccider piacendo, e del sapere
Qual arme fera, e qual dia morte, e quale
Sani, e ritorni in vita. Dafne Chi è ’l mastro
Di cotant’arte. Tirsi Tu fingi, e mi tenti:
Quel, che insegna à gli augelli il canto, e ’l volo,
A’ pesci il nuoto, et a’ montoni il cozzo,
Al toro usar il corno, et al pavone
Spiegar la pompa de l’occhiute piume.
- Dafne
- Come ha nome ’l gran mastro? Tirsi Dafne ha nome.
- Dafne
- Lingua bugiarda. Tirsi E perche? tu non sei
Atta |
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