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52 Atto Secondo.

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Intenditor. s’hai senno, tanto basti.

Tirsi
Intendo: ma non sò, s’egli havrà tanto

D’ardir. Dafne S’ei non l’havrà, stiasi, et aspetti,
Ch’altri lui cerchi. Tirsi Egli è ben tal, che ’l merta.

Dafne
Ma non vogliamo noi parlar alquanto

Di te medesmo? hor sù, Tirsi, non vuoi
Tu inamorarti? sei giovane ancora,
Né passi di quattr’anni il quinto lustro,
Se ben sovviemmi, quando eri fanciullo.
Vuoi viver neghittoso, e senza gioia?
Ché sol’amando huom sa, che sia diletto.

Tirsi
I diletti di Venere non lascia

L’huom, che schiva l’amor, ma coglie, e gusta
Le dolcezze d’Amor senza l’amaro.

Dafne
Insipido è quel dolce, che condito

Non è di qualche amaro, e tosto sazia.

Tirsi
È meglio saziarsi, ch’esser sempre

Famelico nel cibo, e dopo ’l cibo.

Dafne
Ma non, se ’l cibo si possede, e piace,

E gustato à gustar sempre n’invoglia.

Tirsi
Ma, chi possede sì quel che gli piace,

Che l’habbia sempre presso à la sua fame?

Dafne
Ma, chi ritrova il ben, s’egli no ’l cerca?
Tirsi
Periglioso è cercar, quel che trovato

Trastulla si, ma più tormenta assai
Non ritrovato. allhor vedrassi amante
Tirsi mai più, ch’Amor nel seggio suo
Non havrà più nè pianti, nè sospiri.
A bastanza hò già pianto, e sospirato.
Faccia altri la sua parte. Dafne Ma non hai


Già

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