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Scena Prima. | 89 |
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Ma, come Silvia il riconobbe, e vide
Le belle guancie tenere d’Aminta
Iscolorite in sì leggiadri modi,
Che Viola non è che impallidisca
Sì dolcemente, e lui languir sì fatto,
Che parea già ne gli ultimi sospiri
Essalar l’alma, in guisa di Baccante
Gridando, e percotendosi il bel petto,
Lasciò cadersi in su’l giacente corpo,
E giunse viso à viso, e bocca à bocca.
- Choro
- Hor non ritenne adunque la vergogna
Lei, ch’è tanto severa, e schiva tanto?
- Elpino
- La vergogna ritien debile amore;
Ma debil freno è di potente Amore:
Poi, si come ne gli occhi havesse un fonte,
Inaffiar cominciò co’l pianto suo
Il colui freddo viso, e fù quell’acqua
Di cotanta virtù, ch’egli rivenne;
E gli occhi aprendo, un doloroso Ohime
Spinse dal petto interno;
Ma quell’Ohime, ch’amaro
Così dal cor partissi,
S’incontrò ne lo spirto
De la sua cara Silvia, e fù raccolto
Da la soave bocca: e tutto quivi
Subito raddolcissi.
Hor, chi potrebbe dir, come in quel punto
Rimanessero entrambi, fatto certo
Ciascun de l’altrui vita, e fatto certo
Aminta de l’Amor de la sua Ninfa?
E vistosi |
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