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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Apicius Coelius.djvu{{padleft:10|3|0]]Per lo contrario, agli amatori delle leccornie sarà di conforto, perchè troveranno per mezzo del confronto, che le preparazioni della cucina moderna sono più semplici di quelle degli antichi; che oggidì si apprestano cibi più leggieri, e che si appaga la gola bensì, anzi la si appaga assai, ma si dice farlo senza scapito dello stomaco; e perciò grideranno con gioia, che i nostri sono tempi di sobrietà messi dinanzi a quelli dei Romani; senza badare però, che se gli antichi correvano alle libidini delle mense, ei però non avevano manco di virtù di animo e di corpo.
Ma fra i primi ed i secondi vi sono genti le quali amano i monumenti dei tempi che già furono, perchè in essi studiano gli uomini e le modificazioni in ragione dell’accrescimento successivo dell’amore di famiglia, di città, di popolo: in somma in ragione del progresso della civiltà. E per questo nobile e generoso affetto non ispregiano mai qualsivoglia reliquia della veneranda antichità, nè credono, siccome pare che adesso alcuni si credano, che quello che è sarebbe, dove i vecchi non avessero studiato e fatto assai. A quelli dunque non riuscirà sgradevole la nostra fatica; e se ad essi, come è pur facile, il volgarizzamento sia inutile, tuttavia non isdegneranno rivolgere l’occhio alle nostre annotazioni, con le quali abbiamo procurato di chiarire nomi e cose fino adesso non bene chiarite, od almeno tutt’ora in dubbio.
Premesse queste poche parole generali, vogliamo spenderne alcune altre intorno il libro, e particolarmente intorno il nostro lavoro.
L’opera alimurgica che passa sotto nome di Apicio è una compilazione fatta da più libri di Cucina, cioè da quelle note che d’ordinario scarabocchiano i cuochi, per tenere memoria o di manicaretti da se inventati, od apparati da altri: e debbe averla fatta tale, che nemmeno doveva essere cuoco di professione, imperciocchè qua e colà si trovano lacune che un cuoco non avrebbe lasciate. Mancano quasi che sempre le proporzioni fra gl’ingredienti delle composizioni, locchè dimostra, che ai cuochi scarabocchiatori delle note bastava la denominazione degl’ingredienti medesimi per operare di pratica, accomodandosi nel resto al gusto de’ loro signori. Per la qnal cosa, colui che trascrisse, raffazzonando in questo luogo e in quello il linguaggio delle cucine, nè sapendo proporzionare le sostanze, ammucchiò cose sopra cose, ed ignorando affatto le manipolazioni, ha non di rado interpolato col suo, talchè ne uscì di tratto in tratto una mirabile confusione.
Il nome di Apicio apposto al libro, evidentemente è una gherminella del compilatore, inventata per dar fama all’opera. Infatti quale altro nome più celebre fra i