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XXII PROEMIO.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Archivio Glottologico Italiano, vol. 1, 1873.djvu{{padleft:30|3|0]]fuga, il quale deve laboriosamente nutrirsi di un sapere infinito e per molta parte non indigeno? Di certo, gli idiotismi, i tratti popolarmente vividi, non possono e non devono mancare ad alcuna letteratura, o lingua scritta che dir si voglia; ma parte risalgono a quel primo fondo dialettale che servi a mettere in comune il lavoro intellettivo della nazione, cioè spettano all’età quasi infantile, all’età del cieco assorbimento, all’età meramente mnemonica della nazione rinnovellata; parte ne inocula più tardi o ne infonde irresistibilmente la virtù sovrana dell’Arte o il giovanile ribollimento di un’attività comune; ma sempre si tratta di fenomeno come istintivo, e l’istinto tanto può meno quanto più la riflessione può, nè alcuno forse aveva prima d’ora mai imaginato che un vocabolario avesse a sfidar la riflessione e a inocular l’istinto. A sentire i fiorentinisti (ed è una scuola dove i discepoli vanno naturalmente e sùbito molto più in là che non faccia il Maestro, poiché non si tratta già del mero e solito contingente della esagerazione di un principio, ma è il caso di un principio che non si possa distinguere dalla sua esagerazione, od anzi non è pure il caso di un principio, ma sibbene della semplice contraffazione, più o meno felice, di una realtà, spontanea insieme e necessaria, che la storia ha altrove prodotto), pare molte volte, se non sempre, che essi non vogliano pensare altre obiezioni, se non quelle che credono derivare da pregiudizj italiani; e che al di là dei monti e dei mari, tutto ciò ch’essi dicono debba sembrare la cosa più naturale del mondo, perchè, ovunque si ha una lingua nazionale, sia avvenuto e dovuto avvenire che altro mai non si facesse se non quello appunto che ora essi chiedono alla loro pervicace nazione. Ma sarebbe un curioso esperimento istorico il metterli a discutere di qualsivoglia innovazione, da loro caldeggiata, con quel qualunque uomo del mestiere che oltremonte a lor quadrasse. E si può dar loro facilmente un qualche esempio delle pedanterie che avrebbero a sentire da colui. Il sostantivo punto egli direbbe, exempli gratia, essendo venuto a funzione quasi avverbiale* (non ne ho punto = non ne ho nulla; temo poco o punto), da questa potè poi passare, nell’uso toscano o fiorentino, a far d’aggettivo (poca paura, punta

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