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282 Ascoli, Saggi ladini, I.

il non caratteristico riflesso di un’e più o meno stretta: ville’, gude’, vede’, save’ì plef avena, plen, saren; ma il dittongo ricompare in azéid; cfr. n. 40. 28. er, dìs; cfr. l’engad., e i dialetti bergamaschi in Tir ab. 27.28.31. Condizioni italiane: pèrda cfr. n. 75; invém, mez méza vedél (cfr. n. 42). 82. mes. ÙL.fréid fréida. 85. Qui il participio in *-Ìto si confonde con quello in *-w/o (n. 60; cfr. p. 185): durmu (infin.: dumit), sintù’, tradii. — 86. % ire, mi sem ù, fem. ida, sono andato, -a. 40. pir la pera; pel, nef, ner, men, bea cfr. n. 75; ma col dittongo: séid, dét cfr. n. 19.21. 41 (44 eng.). va int*. — 42. cavel, pi. care?;; quigl quilli, quelli -e. 46. tira, cura quando; laùra egli lavora; unùr, persùna; us voce; ecc. 3. 60-56. Per questo capo va imprima avvertito come il poscbiavino si crei uno spediente morfologico, attribuendo al plurale mascolino la figura col dittongo (8), e al singolare quella che serba la vocale pura (o), peres.: mort sg., mcert pi.; nò la distribuzione sarà arbitraria, poiché nella piti antica fase lombardeggiante usciva di certo per -i ogni plur. maschile, uscita che vediamo ancora mantenersi nel pi. di piti di un tipo mascolino come si continua in quello dei fem. in -a 8; e l’i dell’àtona susseguente poteva favorire la continuazione dell’antico dittongo (*#e 6); cfr. p. 16-17 in n., e in ispecie la’n. 4 a p. 262. Quanto alla varietà dittongata per sè medesima, avrebbe a dirsi per lo più di tipo ladino quando siamo ad o in posiz., e all’incontro di tipo lombardo nella formola *-o7w, che è la sola di ó fuor di posiz. per la quale io abbia esempj dell’alternarsi delle due figure (nell’ó primario; pel secondario aggiungesi: poc, pi. pòc poeucc). Si osservino: filjól, pi. filjceljì nenzól lenzuolo, pi. nenzcelj; anzól capretto, pi. anzcelj- zopp, pi. zcep; ort, pi. 6rt; corti, pi. coern; oss, pi. cess ed oss; noss nostro, pi. n ose ni) s; ór fan, pi. cerfan, ed or fan, oltre l’esempio addotto più sopra. Nella continuazione di *genóglio (genuclo-), il dittongo ò di entrambi i numeri: genoelj sg. e pi. À ma si ottiene la distinzione del singolare ricorrendo al tipo lombardo: gencecc. Così è il tipo lom1 Mt.: intèntar, fra.

  • 47. Mt.: magliadòira mangiatela, presepe, pag. 397 (e a pag. 132: testa,

che veramente sarà: ( bocca’; si confronti, in ordine al significato, il ted. mau/, bocca e muso); pressòir, arnese con che si stringe ecc.; coertòir copertoio;fo

favonio (n. 129). Cfr., del resto, in territorio schiettamente lombardo:

com. lóiro Siro *laur-io,. lauro, Mt. app.; vaiteli, bettòir mazzapicchio, ib., ecc. J Masc: ciama-i chiamati (in testo cattolico, vale a dire allato al singoi, in u), filjoel-j, e ancora tane tant+j, che ò tipo in -cui l’effetto dell*» è sentito anche in Lombardia;- e fem.: li gambi, li besti, tanti volti* li buni usanzi, li porti; li scóli scuole, barchi, forchi, spadi,

  • Altre voci col ditt. al sing M v. in n. ai num. 105 e 230.

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