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PROEMIO.

XXVII

in nessun tempo, supera o raggiunge la gloria civile dell’Italia, se badiamo al contingente che spetta a ciascun popolo nella sacra falange degli uomini grandi. Ma la proporzione fra il numero di questi e gli stuoli dei minori che li secondino con l’opera assidua e diffusa, è smisuratamente diversa fra l’Italia ed altri paesi civili, e in ispecie fra l’Italia e la Germania, e sempre in danno dell’Italia. Qui vi furono e vi sono, per tutte quante le discipline, dei veri maestri; ma la greggia dei veri discepoli è sempre mancata; e il mancare la scuola doveva naturalmente stremare, per buona parte, anche l’importanza assoluta dei maestri, questi cosi non formando una serie continua o sistemata, ma si dei punti luminosi, che brillano isolati e spesso fuori di riga. E dall’abondanza dei nomi giustamente vantati, potevano derivare, e derivano non di rado, illusioni strane o dannose; l’esservi i duci sembrando di necessità importare che v’abbiano pur le legioni fra la propria loro gente; dovechè è avvenuto, con molta frequenza, che i duci italiani (e non già sul campo, come la metafora direbbe, ma come pur sul campo fuor di metafora è stato) hanno cresciuto e guidato, non legioni paesane, ma legioni straniere. L’Italia par che sdegni la mediocrità, e dica alla Storia: A me si conviene o l’opera eccelsa o l’oziare. Ma l’ozio di questa terra privilegiata, non potrebbe mai essere l’ozio sterile delle barbare lande; è l’ozio dell’alma educatrice delle arti, assorta dolcemente nella contemplazione del bello; non è il sonno di una gente avvilita: è arte ascetica. Ora, nella scarsità del moto complessivo delle menti, che è a un tempo effetto e causa del sapere concentrato nei pochi, e nelle esigenze schifiltose del dilicato e instabile e irrequieto sentimento della forma, s’ha, per limitarci al nostro proposito, la ragione adeguata ed intiera del perchè l’Italia ancora non abbia una prosa o una sintassi o una lingua ferma e sicura. E a che ora si riduce, per necessaria conseguenza di predisposizioni non felici, il nobilissimo intento di rimediare al doloroso effetto? Si riduce a ribadirne le cause. È questa una risposta molto audace, che se proviene per, avventura da una sufficiente persuasione di cogliere il vero, esce bene a stento dalla penna, per quelle molte ragioni che ognuno

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