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302 Ascoli, Saggi ladini, I.
lare delle antiche scritture, che nei documenti contemporanei di molte altre contrade italiane trovasi ormai dileguato questo fenomeno d’integriti romana; onde surge sempre il quesito, cosi per questo accidente, come per altri consimili, del perchè le forinole latine abbian potuto mantenersi incolumi, sopra intere Provincie, per un maggior numero di secoli che in altre non potessero. E per quanto in ispecie concerne le varietà dialettali in cui il fenomeno oggi ancora si mantiene, che in questo luogo è quanto dire le varietà lombarde in cui ancora risuonano le formole pi fi ecc., non va di certo trascurata la loro giacitura topografica; ma se dall’un canto consideriamo, come le stesse varietà non vadano già immuni da profonde alterazioni fonetiche, ma anzi in parte sopravanzino la generale alterazione che soffrono i suoni latini in favella lombarda, e dall’altro consideriamo la persistenza del fenomeno nelle antiche scritture di Lombardia e nelle adiacenti favelle ladine, e finalmente ricordiamo come la presenza di esso fenomeno in favelle tuttora viventi non punto dipenda da particolari condizioni di territorio, poiché, a cagion d’esempio, nel Friuli o nella Francia lo incontriamo ancora continuo dalle Alpi al mare, è pur forza conchiudere che la giacitura topografica altro qui non fa se non favorire la permanenza di un carattere che entra esso pure, comunque faccia parte del patrimonio comune, fra i criterj di quell’affinità speciale, che in fondo si risolve in un’affinità etnologica. E venendo agli esempj, quanti attendono all’istoria delle lingue romanze hanno ben presenti le serie che si ricavano dalle scritture lombarde dei secolo decimoterzo e del decimoquarto, di quelle scritture in cui accade incontrare un verso come questo: romani più fregia cha la glaza rimango più fredda che il ghiaccio del quale si può quasi dubitare se sia ladino, provenzale o lombardo. Ne offriamo più innanzi qualche saggio *, e per ora ci
- C. VII. Qui va in ispecie considerato lo spoglio fonetico delle scritture
di Bon vicino, fatto dal Mijssàfia, nel luogo già citato, sopra la edizione del Bekker (L850-1). Ma se la critica pud ammettere con piena sicurezza che pi ci ecc. si continuassero in que’ tempi pure in dialetti lombardi che oggi ne sono alieni, giova però non dimenticare come questi nessi più a lungo durassero nella scrittura che non nella pronuncia, e come in ispecie nelle
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