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fra venezia e ravenna | 79 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu{{padleft:83|3|0]]battere, liberava i suoi novelli alleati, che partito da Venezia con buon naviglio, mostratosi appena per la marina di Ravenna e poscia accostatosi ai porti di Pesaro e Sinigallia minacciando di espugnare le città, sparse tanto timore, che i Fanesi ottennero subito pace dai Ravignani e dagli altri nemici a buonissimi patti.
Ma era pur forza che stessero fermi quelli imposti dai Veneziani liberatori pe’ quali essi rimanevano a Fano in condizione migliore de’ cittadini medesimi, che aveano consentito ad essere impoveriti, a perdere nell’interna amministrazione della giustizia e nelle vicende politiche l’antica indipendenza, riducendosi a divenire fideles, cioè quasi vassalli della Repubblica.
E così fu un’altra volta avverato l’antichissimo apologo in cui il cavallo liberatosi dal cervo con l’aiuto dell’uomo:
- Non equitem dorso, non fraenum depulit ore.
[Ravenna co’ Ghibellini] IV. Cercando ora la storia di Venezia e quella di Ravenna durante l’eroica guerra combattuta dagli Italiani contro al Barbarossa, troviamo che Ravenna, memore del suo manto imperiale e che oramai soltanto dalie sue antiche memorie poteva sperare migliori fortune, rimanendo dapprima fedele agli ordini antichi, seguìa la parte imperiale, e le schiere de’ Ravennati furono fra que’ centomila uomini coi quali il Barbarossa poneva l’assedio alle mura di Milano il 6 d’agosto 1158.
[Venezia a capo de11a parte Guelfa e della Lega Lombarda]
Per contrario l’ardita idea di collegare tutte le forze d’Italia era nata in Venezia od almeno vi era stata nu- drita ed accresciuta per modo che tra gli apparecchi di guerra e gli aiuti alle città confederate perchè tutte potessero levarsi in arme contro a Federigo, la Repubblica disperdeva in due anni tutto il pubblico tesoro, sì che per non gravare il popolo di novelle imposte, fece un imprestito di 1150 marchi d’argento co’ suoi più ricchi