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  Onde pur, lasso, al faticato fianco
avrò piú qualche posa?
La dolce ombra amorosa
20del mio Genebro altero or ne vien manco;
man rapace invidiosa
svéglielo de’ nostr’orti,
e par sí lunge, oltr’a quell’alpi, il porti,
che piú né seguitarlo
25spero né ritrovarlo.

  Or pur cadrò; m’è tolto il mio sostegno
e piú saldo e piú fido;
né, se ben piango e grido,
m’ode o si piega il mio nemico indegno.
30Ma come tanto sdegno
in ciel ver’ me sí tosto?
in ciel ch’or m’avea posto
in parte da bearme,
or congiurato par tutto a dannarme?

  35A che pur tante e tante, Amor, versarmi
in grembo tue ricchezze,
e di tante allegrezze il cor colmarmi,
per or piú che mai farmi
e povero e doglioso? In ciel beato,
40lasso! fui poco; or cággione, e dannato
per sempre; né giá mio
(e questo è ch’io mi doglio)
superbo orgoglio od altro fallo rio.

  Per troppo aspro viaggio
45e lungo il giovin mio Genebro porti.
Deh! no ’l trar di quest’orti
cultor! deh, sia piú saggio!
Ahi, ch’ogni picciol raggio
di sole, ogni aura leve gentil fronda,
50e ramo, come i suoi, seccane e sfronda!

  Ne riponeva in ciel, pianta al ciel grata,
tua bella vista sola;

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