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canto terzo. | 71 |
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Come quel mulattiero, in somma, fece,
Ch’avea il coltel perduto e non volea,
Che si stringesse il fodro vôto e secco,
E ’n luogo del coltel rimise un stecco:
66 Così, in luogo d’Orlando e di Ruggiero
E di Rinaldo, fu da Carlo eletto
Ottone, Avolio e il frate Berlinghiero;
Chè Avino infermo era già un mese in letto.
Gli dà consiglio il conte di Pontiero,
Che di Giudea si chiami Sansonetto,
Per valer, meglio, quando a tempo giugna,
Che i tre figli di Namo in questa pugna.
67 A danno lo dicea, non a profitto
Di Carlo, il traditor; perchè all’offesa
Che di far in procinto ha il re d’Egitto,
Non sia in Gerusalem tanta difesa.
A Sansonetto fu subito scritto,
E dal corrier la via per Tracia presa,
Il qual mutando bestie, sì le punse,
Che in pochi giorni a Palestina giunse.
68 Di tôr Marsilia si proferse Gano,
Senza che spada stringa o abbassi lancia:
Vuol sol da Carlo una patente in mano
Da poter comandar per tutta Francia.
Nulla propone il fraudolente in vano:
Se giova o nuoce, Carlo non bilancia;
Nè ventila altrimenti alcun suo detto,
Ma subito lo vuol porre ad effetto.
69 Di quanto avea ordinato il Maganzese
Andò l’avviso all’Ungaro e al Boemme,
Nelle Marche, in Sansogna si distese,
In Frisa, in Dacia, all’ultime maremme.
Gano de’ suoi parenti seco prese,
Seco tornati di Gerusalemme;
E quindi se n’andò per tôr la figlia
Del duca Amon, con frode, di Marsiglia.
70 Di Baviera in Suevia, ed indi, senza
Indugio, per Borgogna e Uvernia sprona;
E molto declinando da Provenza,
Sparge il rumor d’andar verso Bajona:
Finge in un tratto di mutar sentenza,
E con molti pedoni entra in Narbona,