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Ferraresi.


  O a lungo incolte e in piccol pregio avute
Fanciulle, che abitate i pingui cólti
Testimoni d’erculee fatiche,
Dove l’inclito duca i capi spense
Dell’idra che infettò con tarde spire
I campi; oggi, al venir della romana
Vergine, sollevate al fin la fronte.
Come la bella faccia delle cose,
Se opaca notte la nasconde, avvolta
In caligine cupa a niun diletta,
E per colpa non sua perde vaghezza;
Poi, quando di Titon la sposa sorge
Dall’Indo, appien si mostra e si rischiara,
E ascolta il sugo di meritate lodi:
Tal voi, che in le natíe stanze d’ingrata
Ombra foste coperte infin che volle
L’erculeo eroe, spezzato il primo nodo,
Per tanti anni menar celibe vita,
Allo spuntar della romana aurora
Vi porgete più care, e in voi si ammira
Beltà che unquanco non fu vista in pria.
  Dolce Imen, caro Imene, Imenéo, vieni.
  Ma voi, roman cantori, omai cessate
La gara; i carmi avvicendammo assai.
Ora è tempo di entrare i regî tetti,
Or gridar non v’incresca in suon concorde:
  Dolce Imen, caro Imene, Imenéo, vieni.

Giuseppe Ignazio Montanari.


Libro II, Carme IV.


  Sei Veronica? Oh in ver unica sei:
M’ardi ratto e mi rubi a’ sensi miei.
  Unica sì per forma e per decoro
E grazia e sale e venustà con loro.
  Te bellissima e casu il mondo insegna,
Unica invero e del tuo nome degna.

Luigi Muzzi.

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