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Libro III, Carme I.


  Qua qua gli occhi per poco
Rivolgi, peregrino.
Chi giace in questo loco
Degno è ben che, per quanto
Tu môva frettoloso al tuo cammino,
Qui per vederlo ti soffermi alquanto.
  Ecco l’immago del sovran Pittore,
Che chi sa quante volte ebbe potere
Dinanzi a l’opre del suo gran pennello
Di farti rattenere,
Un mar versando in te d’alto stupore.
  Questo gelido avello
Chiuso ha per sempre, Urbino,
Il tuo inclito onore;
La tua delizia, o Roma; il tuo splendore,
O Arte, onde di Rodi il nome è bello!
Ahi! senza vita in questo marmo è accolto
Quel divin Raffaello,
Che i simulacri vivere facea
Quando in parete o in tela ei li pingea,
Dando di môver lor gli occhi ed il volto,
Il piè e le mani, non potendo sola
Dar loro la virtù della parola.
Ma mentre al gran concetto
Medita il grande effetto
Per far l’opra immortale,
Ecco di morte il formidato strale
Vola, e il miro portento,
Oh sventura! distrutto è in un momento.
  Or vanne, peregrin, più non cercare
Se non mediocre obbietto,
Quando ai sublimi lungamente stare
I Fati invidïosi ebber disdetto.

Lo stesso.


Ivi, Carme V.


  Sotto un gran marmo sta Cammilla chiusa:
Così il marito ogn’altra fuga ha esclusa.

Luigi Muzzi.



    32°

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